martedì 11 marzo 2014

Acqua all'arsenico: ci vuole un reale cambio di mentalità. Non si può agire solo nella fase emergenziale. Una questione che riguarda anche i Castelli Romani

Arsenico nell’acqua, Geologi del Lazio: “Ennesimo esempio di cattiva amministrazione”

Per il presidente dell’Ordine, Roberto Troncarelli, c’è una grave carenza “culturale” e di approccio alle problematiche ambientali: “È molto grave infatti che lo Stato, in tutte le sue ramificazioni, non abbia acceso un “warming” sulla salute della cittadinanza. La questione arsenico va risolta a monte e non agendo nella fase emergenziale”

“Purtroppo i valori di arsenico riscontrati a Roma Nord non ci sorprendono. Molti acquedotti della zona incriminata presentano anche problematiche legate alla presenza di radon. C’è poco da fare: siamo di fronte all’ennesimo esempio di cattiva amministrazione”. È duro il commento del presidente dell’Ordine dei Geologi del Lazio, Roberto Troncarelli, all’indomani dei disagi idrici che stanno colpendo migliaia di famiglie del XIV e XV Municipio: territori in cui è stata riscontrata acqua che, per le caratteristiche chimiche e batteriologiche, non risulta idonea al consumo umano. “Quanto accaduto a nord della Capitale - rimarca Troncarelli - è solo la punta dell’iceberg di una situazione critica, che denunciamo da anni. Quello dell’arsenico infatti è un problema con cui ci si confronta da decenni eppure gli amministratori pubblici hanno sempre mostrato la deprimente tendenza a sottovalutare le questioni ambientali. Tendenza che assume connotazioni pericolose quando, come in questo caso, investe aspetti afferenti la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini”. Nella nostra regione molte aree presentano concentrazioni di arsenico superiori a 10 microgrammi/litro, valore massimo che devono avere le acque per poter essere destinate al consumo umano. Tali concentrazioni sono peculiari delle aree dei distretti vulcanici del Lazio centro-settentrionale, Sabatino, Vulsino, Vicano, Cimino e Colli Albani: “Questi valori – sottolineano i Geologi del Lazio - non sono in aumento rispetto al passato poiché non dipendono dalle attività umane ma dalla naturale “contaminazione” che subiscono le acque attraversando i terreni vulcanici. Ma sono valori che hanno classificato tali acque "fuorilegge", in quanto le soglie di accettabilità, definite da alcune direttive europee, attualmente attestato a 10 microgrammi/litro, sono abbondantemente superate dai valori delle acque prodotte da acquiferi vulcanici.  Eppure tutto questo agli amministratori non è mai interessato. Mentre le nazioni più virtuose si sono organizzate mettendo in campo programmi strutturali a lungo termine, investendo sulla qualità dell’acque attraverso impianti di trattamento e abbattimento di elementi nocivi, sulla questione arsenico l’Italia si è dimostrata miope: anziché puntare sulla prevenzione, su infrastrutture e su ricerca, si è pensato bene di chiedere deroghe alla Comunità Europea. Ma l'ultima è scaduta e non ci è stato più concesso di proseguire sulla strada dei rinvii e delle irresponsabilità. Veramente un pessimo esempio di gestione amministrativa. È molto grave infatti che lo Stato, in tutte le sue ramificazioni, non abbia acceso un “warming” sulla salute della cittadinanza”. Per Troncarelli, inoltre, sussiste una grave carenza “culturale” e di approccio alle problematiche ambientali: “I sindaci, i primi ad essere investiti da fenomeni igienico-sanitari locali, spesse volte lamentano casse comunali vuote salvo poi non farsi mancare risorse per la festa del santo patrono o i giochi pirotecnici di ferragosto o iniziative senza alcuna valore sociale. Così non va – sollecitano i Geologi del Lazio -: serve anche e soprattutto un cambio di mentalità. La questione arsenico va risolta a monte e non agendo nella fase emergenziale. Anche perché l’emergenza ha costi economici elevati e la soluzione tampone non ha certo gli stessi effetti benefici di una pianificazione infrastrutturale a carattere preventivo”. Eppure qualche modello positivo c’è: “Per un problema di emissione di anidride carbonica dal sottosuolo, tempo fa la Regione Lazio ha  approvato una delibera, che vieta ai comuni di Castel Gandolfo, Ciampino, Marino e a tre Municipi di Roma, a seconda della concentrazione di anidride carbonica, la realizzazione di piani interrati. Una iniziativa - spiega Troncarelli – secondo molti impopolare ma a mio giudizio lungimirante, poiché diretta preventivamente alla tutela della pubblica sicurezza”.

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