mercoledì 1 dicembre 2010

12 PIECES IN THE SHAPE OF AN APPLE

Qualche errore di troppo nella composizione di stampa sul bel pezzo di Gianni ci impone di riproporlo qui in un "dopo eco" che vuole essere, ma non può esserlo abbastanza, riparatore.
redazione l'eco


12 PIECES IN THE SHAPE OF AN APPLE

E’ possibile auto prodursi un progetto musicale e farlo ascoltare al mondo a costo zero?
I Soundserif dimostrano che lo è.

“12 Pieces In The Shape Of An Apple” è il titolo del primo progetto dei SoundSerif, gruppo dei Castelli Romani e precisamente di Marino. Loro fanno parte della cerchia dei tantissimi talenti in giro per il mondo che hanno prodotto musica di ottima qualità, senza curarsi dei grandi vincoli che le major discografiche impongono ai loro artisti, sfruttando tutte le potenzialità che la rete mette a disposizione. Con questo progetto hanno semplicemente scritto e suonato quello che a loro piace, mostrando le loro vaste influenze musicali, in particolare beatlesiane. Oggi si è abituati a vedere degli artisti preconfezionati, studiati a tavolino, e i talent show ne sono un esempio eclatante. Si punta all’apparenza, al personaggio e si mette in secondo piano la musica e quello che con essa si vuole esprimere. Già dal nome del progetto, i Soundserif fanno capire le loro influenze musicali: oltre che un simpatico scioglilingua, vuole essere un omaggio a Erik Satie, musicista di fine ‘800, che compose l’opera per pianoforte a quattro mani “Trois Morceaux en forme de poire”; solo che invece della “piore” (pera) ci sono 12 pezzi di una mela, quest’ultima grande riferimento ai Beatles. Inoltre l’ultima traccia “12th” è strumentale e riporta alla memoria lo stile di Satie.
Tramite un intelligente e mirato uso della rete, i Soundserif hanno potuto far ascoltare la loro musica al folto pubblico di internet e questo ha permesso loro di ricevere l’invito a partecipare al “International Pop Overthrow 2010” nel mitico locale “Cavern Club” di Liverpool, che ha visto nascere ed esibirsi innumerevoli volte i Beatles, ma anche gli Who, i Rolling Stones, Elton John e tanti altri, negli anni che furono.
Il successo dei Soundserif, oltre alla eccellente genialità e originalità musicale, è dovuto forse anche al fatto che hanno scelto di cantare in inglese, proponendosi in una forma sicuramente più internazionale. Come dice Andrea Petitta, chitarrista e vocalist, la scelta di cantare in inglese è dovuta al loro background musicale, e al loro sound che è molto britannico nello stile.
I componenti sono: Andrea Petitta, chitarra e voce, Fabrizio Serrecchia al basso, Luisa Ferrari chitarra e voce, Valentino Valente alla batteria e Daniele Arcolin alle tastiere.
Una vera chicca di questo progetto è la collaborazione con un grande musicista americano Vinnie Zummo, storico chitarrista di Joe Jackson. Fabrizio Serrechia è riuscito a mettersi in contatto con lui e a fargli sentire una bozza dei pezzi che stavano registrando; Vinnie ha risposto con entusiasmo proponendosi per una collaborazione nel brano “Laptops”.
I Soundserif sono la dimostrazione che volere è potere; ed è la dimostrazione che quando un prodotto vale i risultati si ottengono.
E’ già in cantiere il loro secondo lavoro, che sembra possa vantare la collaborazione in una traccia di Peter Mc Partland dei Big I am (band di Liverpool) e l’arrangiamento orchestrale a cura di Wim Oudijk. Anche loro sono musicisti che hanno sfruttato le potenzialità di internet per diffondere e far conoscere la propria musica.
Per sapere di più sui Soundserif ed essere aggiornati sui loro progetti e live futuri, visitate la pagina www.myspace.com/soundserif/ .
Se invece avete voglia di ascoltare varie compilation che raccolgono la tanta buona musica libera, compresi i Soundserif stessi, oltre che i Big I Am e Wim Oudijk sopra citati, andate su http://rashrecords.co.uk/ e capirete che quanto riportato in questo articolo corrisponde al vero.

Gianni Casciano (gianni.casciano@gmail.com)

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