sabato 2 luglio 2016

La zia Julia e lo scribacchino di Mario Vargas Llosa

di Francesca Senna
Il racconto, ambientato a Lima, è un affascinante connubio tra due narrazioni: quella della storia d'amore fra il giovanissimo Mario con la zia Julia, ed i racconti pindarici di un altro personaggio pittoresco, lo scribacchino Pedro Camacho.
Si presenta come un libro molto divertente, di quelli che fanno dire ai lettori di essere stati subito affascinati dal testo e di averlo letto rapidamente e di essere diventati da qual momento fedeli lettori dell'autore peruviano.
La sensazione è quella di leggere non un unico romanzo, ma due, uno dei quali formato da infinite piccole storie indipendenti una dall'altra. Ne risulta una struttura narrativa complessa: nei capitoli pari si narra di Mario, la Zia Julia e la loro rocambolesca storia d'amore, nei capitoli dispari si raccontano dei romanzi radiofonici che sono la creazione dell'altro grande protagonista, il boliviano Pedro Camacho
All'aumentare del numero dei capitoli cresce anche il ritmo del racconto ed è incredibile come il lettore sia risucchiato da un vortice in cui si racchiude tutto.
Tutto il racconto però dall’inizio alla fine è caratterizzato dalla passione per la letteratura che anima Mario, aspirante scrittore che trova ispirazione in Pedro Camacho suo idolo e punto di riferimento: nei romanzi radiofonici di quest’ultimo si mescolano allegramente e senza nessun principio di verosimiglianza o quantomeno sense of humor storie truci di incesti, di giovani uomini nel fiore delle forze che decidono di dedicare le loro giovani vite alla caccia ai roditori, devoti e pii religiosi che insidiano fanciulle in fiore, ecc ecc
Con virtuosismi stilistici, cambi di ritmo repentini, rielaborazione della struttura narrativa il lettore è sballottato da una storia ad un'altra, precipita in tante piccole storie che ne raccontano altre, che si fondono in altre fino a disorientare e quasi farlo smarrire.
E poi all’improvviso… confusione
Devo dire che questo cambiamento repentino mi ha gettato nel panico mentre leggevo. Non mi ero preparata al testo quindi non mi aspettavo che si evolvesse in questo modo, anche se poi lo scoprire che la confusione sia stata progettata a tavolino dallo scrittore mi ha fatto apprezzare ancora di più il romanzo che già di per se considero un capolavoro tra suspense e momenti di comicità irresistibile, caratterizzato da un ritmo e eleganza esemplari.
Mentre quindi i capitoli della prima parte, risultano esemplarmente narrativi e scorrono piacevolmente, quelli della seconda parte, apparentemente ampollosi e senza senso, sono dei veri pezzi di bravura scrittoria.
Caratteristica principale del libro è la forte vena ironica sempre presente e che arricchisce la trama principale senza appesantirla; l’opera si presenta nel suo complesso quindi come un evidente e riuscitissimo esperimento letterario ricco d'ironia. Ma tra le righe, attraverso i personaggi secondari caratterizzati in modo eccellente senza rubare mai la scena ai protagonisti, si narra anche e soprattutto la malinconica tristezza di un popolo che arranca, che cerca di emanciparsi senza riuscirsi, che rimane ancorato ad un passato pesante e ad un presente difficile, al quale può rispondere solo con una leggerezza nel vivere e un'ironica risata che stempera la tensione

Le connessioni tra reale ed irreale diventano via via più frequenti con lo scorrere delle pagine, nonostante il libro si differenzi nettamente dagli scritti di altri autori sudamericani di quel periodo; non vi troviamo infatti alcuna sorta di realismo magico. Differentemente dagli altri scrittori compatrioti, Vargas Llosa, affronta i suoi demoni da solo con la sola arma della scrittura.

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