domenica 11 dicembre 2016

Un libro per caso - Il Minotauro, Friedrich Dürrenmatt 1985.

di Francesca Senna
Il libro si basa sul mito del Minotauro che viene mostrato nella sua totale incoscienza e nella sua animalità.
La focalizzazione interna del racconto e della voce narrante favorisce l'effetto di straniamento. Il Minotauro è infatti tradizionalmente l’antagonista muto del mito.
Il mito descrive il Minotauro come un essere irrazionale, e proprio per questo Dante lo colloca a guardia del girone dei violenti (dodicesimo canto dell'Inferno nella Divina Commedia), di chi ha seguito il proprio istinto a discapito della ragione.
Che questa sia la natura del Minotauro è cosa ovvia, dal momento che si tratta di una creatura col corpo d'uomo e la testa d'animale.
Ne Il Minotauro, Friedrich Dürrenmatt pone l'accento su un altro aspetto: l'assenza di raziocinio impedisce all'essere di comprendere a fondo quanto lo circonda, ma l'istinto gli suggerisce la sua natura di creatura assolutamente unica nel suo genere. Ecco che egli si trasforma in una vittima, isolato poiché diverso, prigioniero del labirinto.
Il labirinto stesso è una punizione, ma una punizione per cosa? A pagare dovrebbero essere coloro che hanno generato il Minotauro, da Pasifae a Minosse, che con la sua disobbedienza a Poseidone ha contribuito ad avviare la concatenazione di eventi che hanno spinto alla mostruosa unione della moglie col toro. Mentre è il Minotauro, l'"innocente colpevole", che viene condannato da un tribunale di colpevoli a espiare una colpa che è addirittura antecedente la sua nascita, infelice poiché "sempre al limite della conoscenza", dal momento che non può capire a fondo i suoi sentimenti e ciò che lo circonda.
L’autore presenta quindi la commovente vicenda di un essere costretto a non essere. Rinchiuso nel labirinto tra infiniti specchi e infinite illusioni di sé. L'unico rapporto che troverà con gli umani sarà solo d'inganno e morte. La condizione del Minotauro, ibrido per natura e sospeso solo in un non-luogo per costrizione, serve a fare luce sulla instabilità del concetto di verità e di giustizia ma soprattutto sulla tragicità della esperienza esistenziale umana.
Il mito viene decostruito e smontato, ricostruito e svuotato per arrivare ad un esame della condizione esistenziale e della sua drammaticità. Dürrenmatt cerca di comunicare il vuoto di ideali, la totale interpretabilità e la sola certezza della solitudine dell'uomo in attesa della verità. La ferrata alternanza tra sequenze narrative e sequenze di monologo, costruiscono una sorta di dialogo interiore; lo spazio mitico del labirinto viene accentuato nel suo carattere di isolamento, riflessività e utopia dalla presenza di specchi.
Il labirinto è senza dubbio una delle figure preferite dallo scrittore svizzero, la perfetta metafora della vita, ricca di percorsi da seguire, senza sapere se troveremo mai quello che stiamo cercando e senza la possibilità, il più delle volte, di tornare indietro. Il labirinto è costituito da specchi, nei quali il Minotauro si riflette, senza capire che quella è la sua stessa immagine: crede esistano degli altri come lui e, per un momento, si sente meno solo; ma l'immagine è pura illusione.
E' un racconto dai toni forti in cui la violenza, la morte, il sangue, il dolore fanno parte del mondo. Un racconto in cui l'innocenza che sta prima del bene e del male, non cancella la ferocia, la violenza e la tragedia che seguono.

Non è un racconto consolatorio, né edificante. Tragico piuttosto.

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