Come
superare il “metodo Cerroni” e le infiltrazioni criminali nella gestione dei rifiuti nel Lazio.
così un cittadino di Ariccia ha reagito alla notizia dell'arresto di Manlio Cerroni |
Un
vero tsunami quello che, partendo dalla Procura di Roma, si è abbattuto sul
sistema politico-imprenditoriale che per circa 40 anni ha gestito lo
“smaltimento dei rifiuti” nella capitale e nell’intera Regione Lazio.
Chiunque
si appresti a ragionare su quanto è accaduto, non può non riconoscere ampio
merito ai Comitati di Albano che nel 2009 si rivolsero agli inquirenti della
Procura di Velletri presentando un circostanziato esposto-denuncia contro le
“disinvolte” procedure tecnico-amministrative seguite dalle Amministrazioni per
autorizzare quello sarebbe dovuto diventare il grande inceneritore di rifiuti
dei Castelli.
Ciò
che lentamente emergeva dalle indagini avviate dalla Procura velletrana, che
come riferiscono gli inquirenti è risultata per fortuna essere autonoma dal controllo
operato attraverso il “metodo Cerroni”, apparve ai Pubblici Ministeri di così
ampia rilevanza con il coinvolgimento di numerose Istituzioni aventi sede nella
capitale, da rendere necessario il trasferimento degli atti alla Procura di
Roma.
Ripetuti
sono stati i tentativi di sabotare le indagini dei P.M., ma deve far riflettere
che “qualcuno” è addirittura arrivato a “far sparire” il fascicolo con la
richiesta di arresto per gli indagati dalla sede degli uffici di piazzale
Clodio.
È
chiaro che, ad un certo punto delle indagini, nessuno si è più potuto “voltare
dall’altra parte” come era accaduto più volte in passato quando si tendeva a
derubricare l’insieme di quei reati come necessari per una non meglio definita
“pubblica emergenza”.
Ferdinando Bonessio |
Da
non sottovalutare che, con il trasferimento a Roma delle indagini, la Procura
ha potuto riscontrare l’attendibilità e la veridicità dei tanti esposti
presentati dal Comitato Malagrotta prima e, successivamente, dagli altri
Comitati sorti a difesa del proprio territorio.
Ora
ci si trova davanti a un bivio.
Da
una parte vi è il rischio di consentire al “malaffare” di risorgere dalle
proprie ceneri e ricostituirsi come soggetto pronto a rientrare nel grande
affare dei rifiuti continuando una criminale speculazione economica e un
reiterato attacco all’ambiente ed alla salute dei cittadini.
Dall’altra
vi è la clamorosa opportunità di cambiare veramente registro, di intraprendere
la via di un modello sostenibile nella “gestione dei rifiuti” di Roma e del Lazio
realmente lecito, trasparente e partecipato.
Di
fronte a questo bivio ci siamo tutti: i cittadini, i comitati, le associazioni,
le forze politiche e le istituzioni a livello comunale, provinciale e
regionale.
I
primi, i cittadini e le rappresentanze territoriali, dovranno compiere un
grande sforzo di coesione comprendendo che esiste ormai un’unica “vertenza
rifiuti Lazio” dalla quale si esce vincitori tutti insieme o si perde tutti,
trascinando nel disastro anche le prossime generazioni e le comunità locali.
I
secondi, forze politiche ed Istituzioni, debbono iniziare realmente a mettersi,
senza alcun ulteriore ritardo, dalla parte della difesa dei “beni comuni” che
in questo caso sono rappresentati dalla irrinunciabile salvaguardia
dell’ambiente e dalla tutela della salute dei cittadini.
La
partita non è semplice; il malaffare è pronto a riprendersi le redini di quello
che con l’attuale impostazione del vigente Piano Regionale Rifiuti rimane il
grande business dei rifiuti.
Il
metodo è ormai chiaro e ripetutamente denunciato dai Comitati: si tiene basso o
comunque lento e complicato il crescere della raccolta differenziata porta a
porta, si sceglie di puntare su impianti a ad “alto costo economico” e ad “alto
impatto ambientale” come i TMB e gli inceneritori (molti di proprietà privata),
si cerca una mega-discarica, ipocritamente chiamata “di servizio”, si sostiene
il tutto con gli enormi “incentivi statali” a fondo perduto di cui beneficia
chi in Italia (unico Paese in Europa) produce corrente elettrica dalla
combustione dei rifiuti.
Da
aggiungere che questo quadro sembrerebbe essere ulteriormente confermato dalla
nuova scelta delle Amministrazioni laziali di puntare sugli impianti di
“Biodigestione”. Questi altro non sono che centrali elettriche a biogas anch’esse
sostenute dal sistema degli incentivi statali che veicolano enormi flussi di
denaro.
Poco
importerà alla collettività se a riprendere l’attuazione di questo scellerato
piano sarà nuovamente un risorto Cerroni od un altro imprenditore romano senza
scrupoli che, dalle pagine di un noto quotidiano di sua proprietà, attualmente
inveisce contro tutto e tutti pronto a scendere in campo per la sostituzione.
Quello
a cui si deve puntare senza se e senza ma, cittadini e istituzioni insieme, è
un vero cambio di passo sulla gestione dei rifiuti che tolga definitivamente di
mezzo l’attuale metodo di “smaltimento” ad insostenibile impatto ambientale e
con esso l’interesse del “malaffare” per quello che è un sistema drogato dagli
enormi proventi economici generati dalla proprietà privata degli impianti e
dall’accaparramento degli incentivi pubblici.
Bisogna
ricordare che il Governo, attraverso il GSE, era pronto sostenere la
realizzazione dell’inceneritore di Albano con quasi 400 milioni di Euro.
Un’immensa massa di denaro pronta ad accendere gli interessi di affaristi,
imprenditori senza scrupoli e classe politica.
Ora,
visto che anche dalla proposta del nuovo piano regionale rifiuti è stata
cancellata la necessità di realizzare l’inceneritore dei Castelli, tutti dovremmo
chiedere che lo Stato riversi quei finanziamenti già accantonati per realizzare
un’impiantistica del tutto nuova.
Si
tratterebbe di una serie di impianti a medio-basso costo, con un impatto
ambientale senza dubbio inferiore e ad alto livello occupazionale che
renderebbero il Lazio autosufficiente nella lavorazione dei materiali
provenienti dalla raccolta differenziata.
La
stessa AMA dovrebbe rilanciare il proprio “piano industriale” puntando a
diventare leader nella raccolta differenziata di qualità e titolare di impianti
per la lavorazione freddo dei materiali riciclati da riciclare.
È
solo da un rifiuto differenziato di qualità, raccolto con il coinvolgimento
attivo di tutta la popolazione, che si troverebbero le risorse economiche
adeguate a sostenere industrialmente un sistema che veramente considera il
rifiuto come una risorsa da recuperare e non come uno scarto da conferire in
discarica od un combustibile da trasformare in energia.
Le
Amministrazioni pubbliche dovrebbero rivalutare nella gestione virtuosa dei
rifiuti il ruolo strategico che potrebbero avere le piccole e medie imprese del
Lazio nonché il settore delle cooperative avendo come obiettivo quello di
contribuire a rilanciare l’occupazione ed a spazzare via qualsiasi nuova forma
di monopolio nel settore.
Mai
più mega-discariche private, altrettanto dannose e quasi impossibili da
bonificare, ma l’adozione da parte della Regione di un progetto di gestione
rifiuti che vada verso la strategia Rifiuti Zero in 6 mosse concrete:
1)
Riduzione della produzione di rifiuti;
2)
Riuso di tutti i beni ed i materiali
recuperabili;
3)
Raccolta differenziata spinta porta a porta
domiciliare o condominiale contestuale ed obbligatoria per tutti i comuni del
Lazio;
4)
Realizzazione di impianti a freddo per la
lavorazione finalizzati al massimo recupero dei materiali e della frazione
organica (compostaggio aerobico) provenienti dalla Raccolta differenziata;
5)
Sostegno alla creazione di una rete di centri
dedicati al riciclo dei materiali recuperati.
6)
Individuazione, attraverso la partecipazione e
la responsabilizzazione delle comunità locali di aree dove collocare piccole
“discariche residuali”.
È
inoltre necessario inserire come elemento importantissimo nella strategia da
perseguire la disincentivazione di tutte le forme di incenerimento dei rifiuti
(CDR e CSS), attualmente utilizzabili anche negli altiforni dei cementifici e
delle centrali termoelettriche.
Tale
scelta va presa anche in considerazione del fatto che l’intera Europa sta ormai
abbandonando progressivamente questa pratica (la UE nelle nuove linee
strategiche ambientali ha approvato il divieto dal 2020 di incenerire qualsiasi
rifiuto riciclabile).
Solo
partendo dalla condivisione di una proposta così articolata che parta dalle
scelte strategiche sopra indicate, sicuramente da approfondire e migliorare, si
può pensare per il Lazio ad una gestione dei rifiuti organizzata nell’interesse
diffuso dei cittadini, definitivamente sottratta ai signor Cerroni di turno o
ai loro pronti e rapaci eredi.
NANDO BONESSIO Presidente Verdi Lazio