Spesso su ECO16 si parla di
progetti musicali di Roma e dintorni.
Un progetto che ritengo interessante è il trio Barbeshop Jazz Trio, composto da Giuseppe Caliccia al contrabbasso, Andrew Potts al pianoforte e Sabrina Dimitri alla voce.
Il loro repertorio spazia dai
classici del jazz, toccando anche brani del repertorio pop italiano, rivisitati
sempre in chiave jazz, rendendo il loro ascolto piacevole sia per gli
appassionati del jazz sia per gli amanti della buona musica in genere.
Ho avuto il piacere di intervistare
Giuseppe Caliccia:
Come è nato il progetto Barbershop Jazz Trio?
Il
Barbershop Jazz Trio ha avuto origine dall’incontro di tre musicisti che oltre
alla passione per il jazz condividono la passione per i linguaggi.
Andrew
Potts e Sabrina Dimitri sono due linguisti mentre io sono un uomo di
comunicazione.
La
musica è una delle forme di espressione e comunicazione più dirette e con
minori filtri. Questa sua caratteristica ci ha da sempre incuriosito e spinto a
studiarla.
Inoltre,
siamo tutti e tre dei chiacchieroni indomabili per cui molto spesso ci siamo
trovati a confrontarci sull’uso e sull’etimologia della parola “Jazz” e sul
mondo di parole e suoni che la circondano. Da lì è stato breve il passaggio al
suonarlo.
Il
nome della formazione è il nostro biglietto da visita e racconta la nostra idea
di musica. I Barbershop quartet, infatti, erano delle formazioni di cori a
cappella composti da quattro elementi che giravano per i barbershop americani
all’inizio del secolo scorso per intrattenere i clienti. È stata proprio questa
caratteristica di intrattenimento e fruibilità che ci ha spinto ad attingere al
loro nome per proporre la nostra offerta musicale. Non nego, poi, che la mia
barba e quella di Andrew abbiano contribuito alla scelta.
La passione per il jazz da dove nasce?
La
nostra è una passione per la musica in generale. Il jazz ci ha rapito perché è
un linguaggio musicale che lascia ampio spazio all’improvvisazione.
Come
tutte le forme di comunicazione anche la musica può essere scritta, letta e
parlata. La composizione equivale alla scrittura e l’esecuzione delle
composizioni equivale alla lettura. Il fascino di esprimersi componendo mentre
si suona è il fascino del mondo jazz. Questa caratteristica del jazz io la equiparo
al parlare, al raccontare delle storie che non vengono comunicate mediante le
lettere ma attraverso le note.
Ogni
volta che io, Sabrina e Andrew cominciamo a suonare ci ritroviamo a continuare
le chiacchiere che fino a poco tempo prima erano composte da parole. La cosa
poi avviene in forma più ampia e coinvolgente insieme al pubblico.
Il jazz è un genere considerato un po’ di nicchia e solo per esperti,
cosa ne pensi?
Purtroppo,
nel corso degli ultimi decenni si è andata radicando, soprattutto in Italia,
questa idea per cui il jazz è una musica difficile, di nicchia e per soli
esperti. A contribuire a questo non nego che siamo stati anche noi musicisti.
Spesso ci siamo preoccupati di suonare solo ciò che ci piaceva e che ci
realizzava piuttosto che comunicare con il pubblico. Ci siamo concentrati,
troppe volte, su noi stessi dimenticando che la musica è l’espressione e la
rappresentazione delle nostre emozioni e dei nostri pensieri. Quindi, se in
questa comunicazione viene a mancare il destinatario il tutto equivale a
parlare da soli.
Inoltre,
l’altra responsabilità, a mio parere, è dei mezzi di comunicazione che da
moltissimo tempo hanno abbandonato la divulgazione del jazz concentrandosi su
altri linguaggi musicali. Questo ha comportato che il pubblico ha perso
dimestichezza con questa forma espressiva e con le sue regole ritrovandosi
spesso a non comprendere quello che viene raccontato dal musicista.
Non
dobbiamo dimenticare, comunque, che il jazz nasce come musica ricreativa e per
la danza. Per tutta la prima metà del secolo passato il jazz è stata la musica
di tutti e il suo ascolto non aveva funzione auto-celebrativa ma di puro
divertimento.
Come si può farlo diventare più "popolare" e fruibile da un
pubblico più vasto?
Aprendo
il cassetto dei ricordi!
Il
jazz non è una musica nuova e sconosciuta ma è un genere musicale che ha
accompagnato l’umanità per tutto il ‘900.
Il
jazz è la musica di moltissimi film e cartoni animati. È una musica che ci ha
fatto sognare e che continua a farci sognare. È la musica che ha accompagnato
la storia di gran parte delle persone nate prima degli anni ’80.
Purtroppo,
quasi sempre questi brani che ci scaldano il cuore non vengono riconosciuti
come jazz. Summertime, My Funny Valentine, Georgia on my
Mind, All of Me, etc… Sono un patrimonio di tutti e sono Jazz.
A
mio parere il grande pubblico ama molto il jazz e non occorre altro che
suonarlo comunicando con passione avendo sempre presente che la musica è si di
chi la suona ma, soprattutto, di chi la ascolta poiché ne determina il senso.
Come vedi la situazione musica dal vivo in Italia, nei locali, nelle
piazze?
La
situazione è compromessa per molteplici fattori. In parte, la burocrazia e le
istituzioni non tengono conto del mercato e della difficoltà nel far uscire il
pubblico da casa. Poi i mezzi di comunicazione, in particolar modo internet,
non aiutano il musicista a proporre la propria offerta a fronte di una
retribuzione ma solamente in maniera gratuita. Non da meno c’è la
responsabilità dei musicisti che a differenza di altri professionisti troppo
spesso tendono a lamentarsi rivendicando dei diritti senza mai concentrarsi
sulla propria mancanza di proattività.
Cosa
occorre fare non è certo facile a dirsi. Per quanto mi riguarda quello che chi
riveste il mio ruolo può e deve fare è proporre eventi di interesse in grado di
far rivivere la condivisione sociale della musica che da tempo si è persa a
favore di un uso individuale di fronte al monitor.
Occorre
riappropriarsi della cultura che per molti secoli ha reso l’Italia faro nel
mondo e che ora la vede da troppo tempo vivacchiare di una rendita sempre più
consumata.
Il vostro repertorio spazia da brani come ‘Summertime’, ‘BlueMoon’ a
‘I’ve Got You Under My Skin’, ma anche brani come ‘Tu si na cosa grande pe me’
o ‘La musica che gira intorno’, sempre rivisti in chiave jazz; avete anche
brani originali?
Il
nostro repertorio è composto da grandi classici del jazz e da brani della
tradizione italiana che riteniamo coerenti con il nostro linguaggio e che ci
danno forti emozioni.
Per
quanto riguarda l’appuntamento con la produzione originale, preferiamo posporla
a questo lavoro di riscoperta delle bellezze del jazz. Comunque, stiamo
ragionando sulle modalità di un inserimento futuro e graduale di nostre
composizioni. Poiché il jazz è già una interpretazione molto personale e ogni
volta diversa dei brani suonati la nostra preoccupazione è prima di altre
quella di dare uniformità alla nostra offerta per non cambiare radicalmente un
percorso che ci rende soddisfatti e che sta incontrando i favori del pubblico.
Prossimi live?
Per
i prossimi live abbiamo alcuni interessanti progetti in cantiere e,
soprattutto, stiamo ragionando su una nuova forma concerto che permetta la
fruizione della musica in maniera differente e più coinvolgente. Spero che già
dalle prossime date sarà possibile presentarla. Ad ogni modo basterà seguirci
sulla pagina facebook Barbershop Jazz Trio e si potranno avere di volta in
volta tutte le comunicazioni riguardanti i prossimi appuntamenti.
Gianni Casciano
(gianni.casciano@gmail.com)