mercoledì 10 maggio 2017

Incendio di Pomezia - Ambiente tradito… ancora una volta. Decine e decine di incedi di questo tipo in Italia negli ultimi anni.

In meno di un anno, solo nella nostra zona dei Castelli Romani, ci sono stati due gravissimi incendi, il primo il 30 giugno 2016 all’impianto Tmb nella discarica di Ronciogliano nel territorio di Albano Laziale, sul confine con quello di Ardea, il secondo il 5 maggio scorso alla ECOx di Pomezia, nei pressi della via Pontina Vecchia, sempre vicino al martoriato territorio di Ardea.
La colonna di fumo dell'incendio di Roncigliano del 30 giugno 2016così simile a quella dell'ultimo incendio di Pomezia alla ECOx
Se un anno fa rimanemmo sconvolti di fronte alla catastrofe dell’incendio di Roncigliano, disperati per quell’immensa colonna di fumo nero che si spigionò per giorni dall’impianto di trattamento dei rifiuti, demoralizzati e avviliti pensando a quanti danni avrebbe potuto portare tutto quell’inquinamento alle persone, agli allevamenti e alle colture, così importanti e pregiate del nostro territorio, oggi, con l’ancor più grave incendio a Pomezia, ci sentiamo traditi, così com’è stato tradito l’ambiente che ci ospita, da chi ha responsabilità su tutto questo, da chi, con tutta una lunghissima lista di omissioni colpevoli, non ha  fatto quando avrebbe dovuto fare. 
Incendio alla ECOx 5 maggio 2017: il fumo si è esteso per decine di chilometri, i primi giorni in direzione sud toccando ii comuni dei Castelli Romani e portandosi fino ad Aprilia e sul territorio di Latina, il terzo giorno in direzione di Roma dove l'odore sgradevole si è sentito fino al quartiere di Decima. Le zone più colpite, ovviamente, la città e il territorio di Pomezia e il territorio di Ardea.

La nube fotografata dal Ponte di Ariccia

dove il 5 maggio si è percepito notevolmente
l'odore acre e fastidioso del fumo.
Ovviamente chi è stato esposto ai fumi e all’aria irrespirabile è preoccupato per la propria salute. I primi effetti su molte persone si sono manifestati con bruciore alla gola,  irritazione agli occhi, senso di nausea e adesso ci si domanda se potranno manifestarsi, anche a lungo termine,  nuovi e peggiori effetti per l’esposizione alla nube tossica. Ma dalle istituzioni ben poche informazioni arrivano in proposito.


Ci sono state le giuste ordinanze dei comuni più interessati dal disastro che consigliavano di tenere le finestre chiuse; la chiusure delle scuole; i divieti sui prodotti agricoli nel raggio di 5 chilometri dall’incendio ecc… . Norme di buon senso. Ma le persone vogliono sapere di più: vogliono sapere cosa realmente hanno respirato, se c'era l'amianto o altre sostanze pericolose,  e in quali quantità, e quali rischi corrono per la propria salute e quella dei loro cari.
Incendio ECOx


(la mappa interattiva del Sole 24 Ore) (Link)
La realtà è che siamo inermi e vulnerabili di fronte a queste evitabili e ripetute catastrofi e la sorpresa è che quella che poteva sembrare una brutta e terribile coincidenza, due incendi a impianti che si occupano di rifiuti in così poco tempo in un territorio così ristretto, in realtà appare parte di uno schema terribile e criminale che minaccia non solo la nostra splendida zona dei Castelli Romani e del Litorale, ma tutto il territorio nazionale. Queste parole dall’inevitabile sapore complottista sono in realtà frutto dei dati pubblicati in alcuni articoli del Sole 24 Ore (no Bufala Oggi!) e a firma di Jacopo Giliberto. Nei suoi articoli, nell’ultimo del 9 maggio , intitolato In due anni incendiate oltre cento discariche e aziende di rifiuti, si mostra come in Italia gli incendi ad impianti di trattamento dei rifiuti siano una costante degli ultimi due anni: Dal giugno 2015 fino a settembre 2015 il Sole 24 Ore aveva censito una trentina di impianti colpiti da incendi. Un’altra ventina di incendi sono stati rilevati nel 2016. Altri 16 incendi a impianti di gestione del ciclo dei rifiuti nei primi cinque mesi del 2017; sono esclusi dal conteggio i sabotaggi di entità minore eppure diffusissimi, come la distruzione di camion compattatori o di macchinari, tra i quali quello rilevato pochi giorni fa un impianto Tmb dell’Ama di Roma. (link)

In un precedente articolo dell’8 giugno 2015, “gli impianti rifiuti vanno a fuoco uno dopo l’altro. to’ che caso. a roma, parma, este, perugia…” (link) Giliberto scriveva: a chi potranno fare comodo questi incendi fortuiti e casuali? all’industria degli inceneritori, per esempio; oppure alla malavita che opera nel trasporto via mare di rifiuti verso le discariche balcaniche. o forse qualche politica aziendale.


Una cosa è certa, l’ambiente, con noi che lo popoliamo, il 5 maggio è stato tradito per l’ennesima volta! Il territorio dei Castelli Romani  con le sue zone industriali e poi quello di Aprilia, Ardea, Pomezia, è denso di industrie e impianti che sono potenzialmente a rischio e quindi potenzialmente pericolosi e dannosi per la salute di tutti se subissero una sorte analoga al Tmb di Roncigliano nel 2016 o alla ECOx di Pomezia solo qualche giorno fa. Per non parlare di eventuali discariche o depositi più o meno piccoli, più o meno leciti, più o meno conosciuti ma che certamente esistono e incombono con il loro carico di possibile tossicità.

Chi ha responsabilità di fare in modo che ciò che è accaduto non accada più si muova! Mi domando ma che impianto anti incendio c’era alla ECOx, se c’era? Da oggi stesso le amministrazioni locali o chi di dovere dovrebbero intervenire in tutte le aziende a rischio del proprio territorio, specie in quelle di trattamento dei rifiuti, per controllare se le norme di sicurezza siano rispettate e se l’impiantistica anti incendio sia regolare e perfettamente funzionate.

I cittadini non possono sopportare il rischio di altre catastrofi. L’ambiente non può essere tradito ancora una volta!
Fabio Ascani


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