di Fabio Ascani
“Roma, che secondo un suo capriccio,
soprattutto a chi ci arriva per la prima volta, può sembrare un luogo dall’atmosfera
quasi sinistra, ha occasionalmente la capacità, man mano che la si conosce
meglio, di spazzare via ogni inquietudine…”
Esiste
un genere letterario che ebbe particolare fortuna, specie in passato ma che
anche oggi continua a godere di un discreto successo, si tratta dei diari di
viaggio di grandi scrittori, poeti e intellettuali, prevalentemente tedeschi,
inglesi e americani, che venivano nel nostro Paese attratti dalla sua antica
storia, dalle tradizioni, dall’infinito incontro con le meraviglie artistiche e
paesaggistiche che il Belpaese offre.
Il
libro da cui è tratta la citazione in incipit è intitolato “Una Vacanza Romana
e altri scritti”, di Henry James, una riduzione piacevole e scorrevole del più
copioso volume “Ore Italiane”, un taccuino di viaggio pubblicato nel 1909 in
cui sono i suoi scritti sull’Italia attraverso un arco di tempo di circa 40
anni.
L’autore
è un americano nato a New York e vissuto fra fine ‘800 e primi del ‘900 tra il
nuovo continente e il vecchio mondo. Scrittore di romanzi, veri best-seller, e
giornalista, scrisse numerosi racconti e alcuni libri di travel literature.
In
queste pagine su Roma e i suoi dintorni, si parla molto anche dei Castelli
Romani, di Albano, Genzano, Nemi e di Ariccia in particolar modo. Romano
trapiantato sull’Appia nei luoghi di Diana, non potevo non rimanere incuriositi
da questo elegante volumetto.
Henry
James si pone sul piedistallo e inizia a descrivere luoghi e paesaggi in un linguaggio
arrogante ma al contempo elegante e pittorico. Il periodo in cui visita Ariccia
è bel chiaro da questa descrizione: “L’escursione
di cui parlo ha avuto luogo appena fuori il borgo (quello di Albano n.d.r.)a
sud, verso l’attigua città di Ariccia, divenuta vicina da vent’anni, da quando
il Papa ha fatto costruire il suo superbo viadotto da una parte all’altra del
profondo burrone che la divide da Albano” (il ponte venne inaugurato nel
1854). Curiosa poi la descrizione di Palazzo Chigi che nell’aria del crepuscolo
gli appare come la più infestata delle dimore.
A quei tempi il palazzo era grigio, come si vede nelle antiche foto e certo non
molto curato: dice James che molte finestre del cortile interno erano senza
vetri e riparate con carta.
Le
descrizioni vive di James ci narrano di luoghi oggi molto diversi, in parte persi, e anche in questo è il fascino
di tale lettura.